Tolstoj Lev

Lev Nikolàevič Tolstòj, storicamente italianizzato Leone Tolstoi (in russo Лев Николаевич Толсто́й? [ˈlʲɛf nʲɪkɐˈɫaɪvʲɪtɕ tɐɫˈstoj] ascoltaJàsnaja Poljàna9 settembre 1828[2] – Astàpovo20 novembre 1910[3]), è stato uno scrittorefilosofoeducatore e attivista sociale russo.

Divenuto celebre in patria grazie a una serie di racconti giovanili sulla realtà della guerra, il nome di Tolstoj acquisì presto risonanza mondiale per il successo dei romanzi Guerra e pace e Anna Karenina, a cui seguirono altre sue opere narrative sempre più rivolte all'introspezione dei personaggi e alla riflessione morale. La fama di Tolstoj è legata anche al suo pensiero pedagogico, filosofico e religioso, da lui espresso in numerosi saggi e lettere che ispirarono, in particolare, la condotta nonviolenta dei tolstoiani e del Mahatma Gandhi.

Biografia

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La vita di Tolstoj fu lunga e tragica, dominata da una profonda tensione. Tolstoj ebbe un'incessante, tormentosa evoluzione interiore, lottò con se stesso e con il mondo, e questa lotta, talora impetuosa, alimentò senza sosta l'impulso creativo. Perciò lo studio della sua vita, come ha scritto Igor Sibaldi, richiede impegno e fatica:

«Lo sforzo lo richiede, e notevole, la biografia tolstoiana: per non smarrirsi tra le sue fasi, tanto radicalmente diverse l'una dall'altra, contraddittorie, e tanto intense tutte, mai «minori» – giacché in ciascuna di esse Tolstoj metteva immancabilmente tutto sé stesso [...][4]»

Una traccia per accostarsi alla sua vita la offrì Tolstoj stesso, quando scrisse, negli ultimi anni, che essa poteva essere divisa in quattro periodi fondamentali:

«[...] quel primo tempo poetico, meraviglioso, innocente, radioso dell'infanzia fino ai quattordici anni. Poi quei venti anni orribili di grossolana depravazione al servizio dell'orgoglio, della vanità e soprattutto del vizio. Il terzo periodo, di diciotto anni, va dal matrimonio fino alla mia rinascita spirituale: il mondo potrebbe anche qualificarlo come morale, perché in quei diciotto anni ho condotto una vita familiare onesta e regolata, senza cedere a nessuno dei vizi che l'opinione pubblica condanna. Tutti i miei interessi però erano limitati alle preoccupazioni egoistiche per la mia famiglia, il benessere, il successo letterario e tutte le soddisfazioni personali. Infine il quarto periodo è quello che sto vivendo adesso, dopo la mia rigenerazione morale [...][5]»

Infanzia

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Jasnaja Poljana

Lev Nikolaevič Tolstoj nasce il 9 settembre 1828 nella tenuta Jasnaja Poljana nel distretto di Ščëkino (governatorato di Tula). I genitori sono d'antica nobiltà: la madre, di cinque anni maggiore del marito, è la principessa Marja Nikolàevna Volkonskaja (Jasnaja Poljana era la sua dote di matrimonio), mentre il padre Nikolàj Il'ìč è discendente di Pëtr Andreevič Tolstoj, che aveva ottenuto il titolo di conte da Pietro il Grande[6].

La madre, di cui Lev non conserverà alcun ricordo, muore quando egli ha appena due anni. Dopo qualche anno muore anche il padre (corse voce che l'avessero avvelenato i suoi due servi prediletti; Lev lo ricorderà come mite e indulgente[6]) lasciandolo precocemente orfano. Fu così allevato da alcune zie molto religiose ed educato da due precettori, un francese e un tedesco, che diventeranno poi personaggi del racconto Infanzia. Scriverà di sé:

«Chi sono io? Uno dei quattro figli di un tenente colonnello in pensione, rimasto orfano a sette anni, allevato da donne e da estranei e che, senza aver ricevuto alcuna educazione mondana né intellettuale, a diciassette anni è entrato nel mondo[5]

Giovinezza e prime opere

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Tolstoj all'età di vent'anni, nel 1848

Nel 1844 si iscrive all'università di Kazan' (nell'attuale Tatarstan), prima alla facoltà di filosofia (sezione di studi orientali, dove supera gli esami di arabo e turco), poi, l'anno dopo, a quella di giurisprudenza, ma per via dello scarso profitto non riuscirà mai a ottenere la laurea; provvede quindi da solo alla propria istruzione, ma questa formazione da autodidatta gli provocherà spesso un senso di disagio in società[6].

La giovinezza dello scrittore è disordinata, tempestosa: a Kazan passa le serate tra feste e spettacoli, perdendo grosse somme al gioco d'azzardo (circa dieci anni dopo, a Baden-Baden, perderà ancora rovinosamente al gioco e lo salverà l'amico Turgenev concedendogli un prestito) ma intanto legge molto, soprattutto filosofi e moralisti[6]. Particolare influenza ha su di lui Jean-Jacques Rousseau:

«Rousseau e il Vangelo hanno avuto un grande e benefico influsso sulla mia vita. Rousseau non invecchia[7]

Non a caso, l'opera della conversione di Tolstoj, scritta trent'anni dopo, si intitolerà appunto – similmente all'autobiografia rousseauiana – La confessione (1882). Autori come Rousseau, SternePuškinGogol' insegnano allo scrittore in erba un principio fondamentale: in letteratura sono importanti soprattutto la sincerità e la verità.

Proprio sotto questi influssi nascono le opere letterarie di Tolstoj: nel 1851 avviene la prima redazione del racconto Infanzia (che uscirà sulla rivista di Nekrasov Sovremennik nel 1852, firmato con le sole iniziali[6]) e la stesura di un altro racconto, incompiuto, Storia della giornata di ieri. Lo scopo di quest'ultimo, secondo le parole dell'autore, era estremamente semplice e insieme complicatissimo, quasi irrealizzabile: «descrivere una giornata, con tutte le impressioni e i pensieri che la riempiono». Da questo germe si può già intravedere lo sviluppo della possente pianta: tendenza all'introspezione e alla vita reale. Tolstoj resterà fino alla fine un incrollabile realista. L'immaginazione slegata dalla realtà è quasi inesistente nei suoi libri. L'unica possibilità di utilizzare la fantasia consiste nell'elaborazione di qualche particolare, di qualche sfumatura che appartiene però a un oggetto assolutamente reale. Anche il successivo racconto, pubblicato sempre su Sovremennik, è ispirato a criteri di verità quasi naturalisticiL'incursione (1853), che nasce dal ricordo di un'autentica scorribanda compiuta da un battaglione russo in un villaggio caucasico.

L'esperienza della guerra

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Tra il 1851 e il 1853 Tolstoj, seguendo il fratello maggiore Nikolaj, partecipa alla guerra nel Caucaso, prima come volontario, poi come ufficiale d'artiglieria. Nel 1853 scoppia la guerra russo-turca e – dietro sua richiesta – Tolstoj viene trasferito in Crimea, dove difende il bastione N. 4 di Malakoff durante l'assedio di Sebastopoli[6]. Qui conduce la vita del soldato, combatte coraggiosamente, affronta rischi d'ogni sorta, osserva tutto con attenzione, guarda in faccia il pericolo, e tuttavia gli avvenimenti più tragici avvengono dentro di lui: si sente inquieto, costantemente in bilico tra la vita e la morte, ma col desiderio di dedicare la propria esistenza a nobili ideali. Nel Diario del 1854 – anno in cui pubblica Adolescenza (Отрочество [Otročestvo]) – annota: «La cosa più importante per me è liberarmi dai miei difetti: la pigrizia, la mancanza di carattere, l'irascibilità». Nel marzo del 1855 decide finalmente riguardo al proprio destino: «La carriera militare non fa per me, e prima me ne tirerò fuori, per dedicarmi totalmente alla letteratura, tanto meglio sarà[8]».

Scriveranno di lui

«Tolstoj fu la luce più pura che abbia illuminato la nostra giovinezza in quel crepuscolo denso di ombre grevi del diciannovesimo secolo che tramontava.»
(Romain RollandNobel per la letteratura[9])

«In quegli anni di fine secolo suscitò enorme risonanza in noi studenti la pubblicazione di scritti molto diversi fra loro: quelli di Nietzsche e di Tolstoj [...] Lo scrittore e pensatore russo esprimeva una visione ben diversa da quella del filosofo tedesco. Tolstoj era un sostenitore della cultura etica, e la considerava la verità profonda, raggiunta attraverso lunghe riflessioni ed esperienze di vita. Leggendo i suoi racconti noi ripercorrevamo assieme a lui il cammino verso la conoscenza della vera umanità e di una spiritualità semplice e schietta.»
(Albert SchweitzerNobel per la pace[10])

«Quarant'anni fa, mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstoj Il regno di Dio è dentro di noi, e ne fui profondamente colpito. A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell'ahimsā. Quello che più mi ha attratto nella vita di Tolstoj è il fatto che egli ha praticato quello che predicava e non ha considerato nessun prezzo troppo alto per la ricerca della verità. Fu l'uomo più veritiero della sua epoca. La sua vita fu una lotta costante, una serie ininterrotta di sforzi per cercare la verità e metterla in pratica quando l'aveva trovata. [...] Fu il più grande apostolo della non-violenza che l'epoca attuale abbia dato. Nessuno in Occidente, prima o dopo di lui, ha parlato e scritto della non-violenza così ampiamente e insistentemente, e con tanta penetrazione e intuito. [...] La vera ahimsa dovrebbe significare libertà assoluta dalla cattiva volontà, dall'ira, dall'odio, e un sovrabbondante amore per tutto. La vita di Tolstoj, con il suo amore grande come l'oceano, dovrebbe servire da faro e da inesauribile fonte di ispirazione, per inculcare in noi questo vero e più alto tipo di ahimsa
(Mahatma Gandhi[11])

La guerra di Crimea – cruenta e rovinosa per l'esercito russo – lascia un solco profondo nel giovane Tolstoj e gli offre, d'altra parte, abbondante materiale per una serie di racconti: il ciclo dei tre Racconti di Sebastopoli (Севастопольские рассказы [Sevastolpol'skie Rasskazi]1855) e poi Il taglio del bosco (1855), La tempesta di neve (1856) e I due ussari (1856). Ispirate alle violenze della guerra, queste opere sconvolgono la società russa per la spietata verità e l'assenza di qualsiasi forma di romanticismo guerriero o di patriottismo sentimentale. Nessuno prima di lui ha descritto la guerra in quel modo: è una voce nuova nell'epoca d'oro della letteratura russa. Nel gennaio del 1856Fëdor Dostoevskij scrive dalla Siberia a un corrispondente, parlando di Tolstoj: «mi piace molto, ma secondo me non scriverà molto (ma del resto, chissà, forse mi sbaglio[12])».

La censura esita ad autorizzare la pubblicazione dei tre Racconti di Sebastopoli: cerca di vietare il secondo «per l'atteggiamento derisorio nei confronti dei nostri coraggiosi ufficiali», ma alla fine lascia correre, pur imponendo tagli e modifiche. Nel 1856 vengono raccolti in un unico volume con il titolo Racconti di Guerra.

La sensibilità verso le miserie sociali

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Nel 1856 Tolstoj assiste il fratello Dmitrij, che muore di tubercolosi. Si interessa poi per migliorare le condizioni dei contadini di Jasnaja Poljana, ma questi sono diffidenti e rifiutano le sue proposte, come accade al protagonista de La mattinata di un proprietario terriero, racconto che Tolstoj pubblica in quell'anno[6], e come accadrà anche al protagonista di Resurrezione, romanzo di molti anni più tardi, di ispirazione parzialmente autobiografica.

Si apre per Tolstoj un periodo ricco di riflessioni, con ricerche, viaggi, un crescente interesse per l'istruzione popolare e l'attività di giudice di pace nelle contese tra proprietari e contadini – proprio a cavallo dell'abolizione della servitù della gleba (1861) – che stimolano in lui lo svilupparsi di una particolare sensibilità verso le ingiustizie sociali[13].

Sul versante della produzione letteraria, nei nove anni che vanno dai Racconti di guerra alla prima parte della grandiosa epopea Guerra e pace (1865), lo scrittore pubblica diversi altri racconti: Giovinezza (Юность [Junost']1857, ultimo della trilogia comprendente Infanzia e Adolescenza), Tre morti (1858), Al'bèrt (1858), Felicità familiare (1859), Idillio (1861) e Polikuška (Поликушка, 1863). Quest'ultimo riscuoterà, nel XX secolo, particolare apprezzamento da parte di Ignazio Silone, che scriverà:

«Sapevo che Tolstoj era celebrato come un grande scrittore, ma non avevo mai letto niente di lui. Cominciato a leggere, andai avanti dimenticando il tempo e l'appetito. Ero turbato e commosso. Mi colpì soprattutto la storia di Polikusc'ka, quel tragico destino di un servo deriso e disprezzato da tutti [...] Come doveva essere stato buono e coraggioso lo scrittore che aveva saputo ritrarre con tanta sincerità la sofferenza d'un servo. Quella triste lentezza del raccontare mi rivelava una compassione superiore all'ordinaria pietà dell'uomo che si commuove alle disgrazie del prossimo e ne distoglie lo sguardo per non soffrire. Di questa specie, pensavo, dev'essere la compassione divina, la compassione che non sottrae la creatura al dolore, ma non l'abbandona e l'assiste fino alla fine, anche senza mostrarsi. Mi pareva incomprensibile, anzi assurdo, di essere arrivato a conoscenza di una storia come quella soltanto per caso. Perché non veniva letta e commentata nelle scuole?[14]»

Lo stesso argomento in dettaglio: I cosacchi (racconto).

Il 1863 è anche l'anno di pubblicazione de I cosacchi (Казаки [Kazaki]) – opera ispirata ai ricordi del Caucaso e lungamente rielaborata nel corso di un decennio – in cui sono evidenti gli echi della lettura rousseauiana e in cui si esprime, con entusiasmo, la nostalgia per la vita a contatto con la natura, semplice e felice. Intanto, lo scrittore viaggia per l'Europa, dove ha modo di conoscere ProudhonHerzenDickens. A sconvolgerlo sono gli abusi del potere, la miseria dei poveri, la pena di morte, contro la quale – dopo aver assistito a una condanna – prende posizione:

«[...] ho visto a Parigi decapitare un uomo con la ghigliottina, in presenza di migliaia di spettatori. Sapevo che si trattava di un pericoloso malfattore; conoscevo tutti i ragionamenti che gli uomini hanno messo per iscritto nel corso di tanti secoli per giustificare azioni di questo genere; sapevo che tutto veniva compiuto consapevolmente, razionalmente; ma nel momento in cui la testa e il corpo si separarono e caddero diedi un grido e compresi, non con la mente, non con il cuore, ma con tutto il mio essere, che quelle razionalizzazioni che avevo sentito a proposito della pena di morte erano solo funesti spropositi e che, per quanto grande possa essere il numero delle persone riunite per commettere un assassinio e qualsiasi nome esse si diano, l'assassinio è il peccato più grave del mondo, e che davanti ai miei occhi veniva compiuto proprio questo peccato[15]

Ma, non di meno, lo angoscia la vita russa, specialmente quella dei contadini. In questi anni comincia così a manifestarsi, in maniera sempre più evidente, una caratteristica fondamentale della personalità tolstoiana: l'insoddisfazione di sé stesso, della propria esistenza, della propria opera.

Lo stesso argomento in dettaglio: Pedagogia di Lev Tolstoj.

Come Olenin – l'eroe dei Cosacchi, che rifiuta la società falsa e ipocrita per rifugiarsi nel Caucaso – anche Tolstoj, all'inizio degli anni sessanta, decide di abbandonare gli impegni mondani, compresi quelli letterari, per rifugiarsi nella propria tenuta, con l'intento di dedicarsi – nella scuola da lui stesso fondata – all'istruzione dei bambini del villaggio.

Matrimonio e figli

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Il 23 settembre 1862, dopo appena una settimana di fidanzamento, sposa la diciottenne Sof'ja Andrèevna, seconda delle tre figlie del medico di corte Bers. Lo scrittore, non volendole nascondere nulla, le fa leggere, alla vigilia delle nozze, i suoi diari intimi. La madre di Sof'ja, Ljubòv' Islàvina, era stata amica d'infanzia di Tolstoj[6].

Avranno tredici figli, cinque dei quali morti in età precoce[16]:

NomeNascitaMorteNote
Sergèj 1863 1947 (Mosca) Diventerà compositore e critico musicale con lo pseudonimo di S.Brodinskij.
Tat'jana 1864 1950 (Roma) Dirigerà il Museo Tolstoj a Mosca tra il 1923 e il 1925 e poi emigrerà in Francia e in Italia.
Il'jà 1866 1933 (New York) Diventerà scrittore, attore, regista e sceneggiatore con lo pseudonimo di Il'jà Dubrovskij; emigrerà dopo la rivoluzione.
Lev 1869 1945 (Skon) Diventerà scrittore e scultore con lo pseudonimo di L'vov; emigrerà anche lui.
Marija 1871 1906  
Pëtr 1872 1873  
Nikolàj 1874 1875  
Varvara 1875 morta alla nascita  
Andrèj 1877 1916 (Pietrogrado) Combatterà come volontario in guerra e poi diventerà funzionario del governatorato di Tula.
Michaìl 1879 1944 (Rabat) Intraprenderà la carriera militare ed emigrerà dopo la rivoluzione.
Aleksèj 1881 1886  
Aleksandra 1884 1979 (New York) Dirigerà delle scuole tolstojane a Jàsnaja ed emigrerà alla fine degli anni Venti.
Ivàn 1888 1895  

Per inciso, Tolstoj, qualche anno prima di sposarsi, nel 1858, si era innamorato di Aksin'ja, una contadina dalla quale aveva avuto un figlio, che egli non aveva accettato di riconoscere e che molti anni dopo lavorerà, come cocchiere, per i Tolstoj[17]. Sof'ja, venuta a conoscenza di questo episodio del passato del marito, fremette non poco di gelosia e scrisse: «Se potessi ucciderlo, e poi ricrearlo esattamente eguale, lo farei con piacere[18]».

Guerra e pace

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Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra e pace.

Il destino di Tolstoj, dopo il matrimonio, non poteva essere quello di un tranquillo proprietario di campagna, tanto più che la vita familiare, all'inizio felice, stimolava persino i suoi istinti creativi: in sette anni portò a termine Guerra e pace (Война и мир [Vojna i mir]1863-1869). La scelta di un tema storico, di fatti avvenuti cinquant'anni prima, non era un rifiuto a partecipare ai dibattiti sulle "grandi riforme", sullo scontro tra liberali e conservatori, sui primi attentati terroristici (o anarchici come allora venivano chiamati), anzi era una risposta proprio a quei dibattiti, agli attacchi dei democratici contro la struttura nobiliare, alla campagna per l'emancipazione della donna.

Molte delle nuove idee furono accolte da Tolstoj con scetticismo. Il suo ideale era una società "buona" e patriarcale, era la purezza della vita secondo natura. In Guerra e pace Tolstoj affrontò questioni fondamentali di carattere storico-filosofico, come il ruolo del popolo e dell'individuo nei grandi avvenimenti storici. Contrapponendo Napoleone a M.I.Kutuzov, l'autore volle polemicamente dimostrare la superiorità di Kutuzov, che aveva capito lo spirito delle masse e aveva afferrato l'andamento degli eventi che vanno assecondati e non contrastati.

Le due linee centrali del romanzo sono indicate dal titolo stesso: la "guerra" e la "pace". Attraverso l'intrecciarsi dei due motivi nasce un'unità, una sintesi dell'estetico e dell'etico, una summa della vita russa dell'inizio del XIX secolo, vista dall'interno. Due sono le date entro cui scorrono gli avvenimenti: il 1805, anno della prima, sfortunata campagna contro Napoleone che si chiude con la sconfitta di Austerlitz, e il 1812, anno della gloriosa guerra in patria che vede insorgere tutto il popolo russo in difesa del territorio nazionale. E se l'ambiente sociale in cui si muovono i protagonisti è l'alta nobiltà moscovita e pietroburghese, il sostrato autentico verso cui tendono è il popolo, la nazione contadina, per lo più passiva, ma che nei momenti cruciali riesce a imporre la propria volontà.

Nel ritrarre la nobiltà, Tolstoj non nasconde il proprio rifiuto, la propria intransigenza: pone da un lato il clan dei depravati Kuragin, malvagi portatori di male, di corruzione, e dall'altro i Rostov, serena immagine di una classe in declino, incapace di gestirsi economicamente ma portatrice di valori ancora accettabili. Su questo sfondo si stagliano i tre protagonisti, il cui cammino spirituale sovrasta quelli di tutti gli altri personaggi e che rappresentano degli alter ego dello scrittore:[19] il principe Andrej Bolkonskij, fin dalle prime pagine in polemica con la società salottiera pietroburghese, è attratto dal sogno di gloria di un atto eroico (battaglia di Austerlitz), passa poi attraverso stadi di scetticismo e di indifferenza per rinascere alla vita attraverso l'amore per Natasha. La sua morte è un doloroso processo di illuminazione ed elevazione spirituale, simile a quello di Ivan Il'ic.

Anche Pierre Bezuchov entra nel romanzo contestando le idee dei nobili vicini alla corte: ma, personaggio più sensuale di Andrej, viene inizialmente attratto dai falsi valori impersonati dai Kuragin, che lo spingono a stravizi e a un matrimonio senza amore con la bellissima Hélène, sorella del fatuo e corrotto Anatole. Il desiderio di autoperfezionamento lo spinge verso la massoneria, ma la maturazione profonda avviene a contatto con il popolo di soldati-mužik durante la prigionia e soprattutto attraverso l'incontro con uno di loro, Platon Karataev, l'uomo giusto per eccellenza. Pierre incarna il vero, profondo tema universale del romanzo (affine in questo a Levin di Anna Karenina e a Nechljudov di Resurrezione): il tema dell'eterna ricerca, del continuo conflitto tra la realtà esterna, storica, e l'individuo che tende alla purificazione interiore. Lo slavista Ettore Lo Gatto si spinge fino a sostenere che

«attraverso Bezuchov, Tolstoj è Guerra e pace e Guerra e pace è Tolstoj. È Bezuchov-Tolstoj che a Borodino dice: "La vita è tutto. La vita è Dio. Tutto si muove, tutto si trasforma e questo movimento è Dio. Fino a quando c'è la vita, c'è la felicità di portare in sé la coscienza della divinità. Amare la vita è amare Dio".[19]»

Nataša Rostova è una forza della natura, simbolo vivente di una inafferrabile realtà politica, dell'"armonia del mondo" secondo Tolstoj, e in questo senso estranea ai tormenti intellettuali di Andrej. La sua spontaneità, la sua grazia, i suoi impeti infantili maturano faticosamente attraverso l'amore e la morte di Andrej, la volgare seduzione di Anatole Kuragin, il portatore del male che tenta anche lei, e infine l'incontro amoroso con Pierre.

Anna Karenina

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Lo stesso argomento in dettaglio: Anna Karenina.

Tolstoj, ritratto da Ivan Nikolaevič Kramskoj nel 1873

Il romanzo successivo, Anna Karenina (Анна Каренина1873-1877), è un'opera aggressiva e polemica, che affronta gran parte dei problemi sociali di quegli anni. L'azione del romanzo si svolge in un ambiente che Tolstoj conosceva perfettamente: l'alta società della capitale. Tolstoj denuncia tutte le segrete motivazioni dei comportamenti dei personaggi, le loro ipocrisie e le loro convenzioni, e forse, quasi senza volerlo, mette sotto accusa non Anna, colpevole di aver tradito il marito, ma la società, colpevole di averla annientata.

La forza di Tolstoj artista si identificava con la potenza di Tolstoj moralista, il quale toglieva a chiunque l'arbitrio di giudicare, perché solo Dio può giudicare, come è detto nelle bibliche parole dell'epigrafe: «A me la vendetta, io farò ragione». Anna Karenina è l'antecedente di tutta una serie di romanzi del XX secolo, costruiti secondo i principi della psicoanalisi.

In molti punti il romanzo è autobiografico: nel personaggio di Levin, dedito alla conduzione delle proprie terre e alla famiglia, Tolstoj rappresenta se stesso, specialmente alla fine del romanzo, quando il sogno di Levin di raggiungere la sua felicità personale sembra realizzarsi, il dubbio della supremazia dell'egoismo risorge, ma la fede in Dio lo soccorre nel dare un senso alla sua vita.[20] In alcuni splendidi personaggi femminili (non in Anna) sono riconoscibili certi tratti della moglie, che peraltro aiutò Tolstoj nella stesura dell'opera, consigliandolo su come far procedere la trama. Secondo lo scrittore Pavel Basinskij il prototipo reale di Anna Karenina va rintracciato in tale Anna Stepanovna Pigorova, suicidatasi per lancio sotto un treno merci in dispetto all'amante, un conoscente dello stesso Tolstoj.[21]

La conversione all'etica del Discorso della Montagna

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Lo stesso argomento in dettaglio: Pensiero di Lev Tolstoj § Il "Discorso della montagna", cardine della sua fede.

«Tolstoj non ha espresso soltanto il desiderio di fratellanza, così profondo nel popolo russo, ma il bisogno di pace di tutti noi. E ha cercato, anche per noi, una fede.»

(Enzo Biagi[22])

Già in Anna Karenina Tolstoj si era accostato ad alcuni tormentosi problemi connessi con la sua crisi di scrittore e con il crollo dei valori dell'alta società che fino a poco tempo prima gli erano sembrati indistruttibili. Tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta si sviluppò via via in lui una profonda crisi spirituale e una conseguente conversione morale ai Vangeli e al Cristianesimo, dapprima in obbedienza alla Chiesa ortodossa russa e successivamente (dal 1881, considerato da Tolstoj l'anno d'inizio della sua autentica rigenerazione interiore) in contrasto con essa: alla base del suo pensiero religioso rimarrà il Vangelo, ma epurato di ogni elemento soprannaturale, ponendo attenzione in particolare al Discorso della Montagna, che diventerà il cardine del suo modo di intendere la religione cristiana.

Accanto alle Sacre Scritture cristiane, Tolstoj meditava testi orientali (ad esempio buddhisti e taoisti), oltre che filosofici (tra cui Il mondo come volontà e rappresentazione), nella affannosa ricerca di risposte ai propri dubbi esistenziali. Abbracciò gradualmente una dieta vegetariana (per compassione verso gli animali) e cercò di praticare uno stile di vita di sobrietà e povertà. Il desiderio di non vivere nel lusso, di non possedere alcunché, di non mangiare più carne, tutte idee nient'affatto condivise dalla moglie di Tolstoj, furono alla base di un lacerante e interminabile conflitto casalingo. La famiglia, pur continuando a stare insieme, si "divise", per così dire, con le figlie – simpatizzanti per le idee del padre – da una parte, e dall'altra i figli maschi, in difesa della madre, la quale sempre più spesso si abbandonava a crisi di isteria contro le nuove visioni etiche – per lei folli e incomprensibili – del marito[13]. A opporsi alle idee radicali di Tolstoj fu anche Dostoevskij, che aveva elogiato Anna Karenina ma non condivideva le concezioni non-violente del suo maggior rivale in ambito letterario; i due narratori si scambiarono pubbliche critiche e preferirono, per reciproca diffidenza, non incontrarsi mai di persona[23].

Tolstoj con la moglie, uno dei figli e un cane

Lo stesso argomento in dettaglio: Pensiero di Lev Tolstoj § Esegesi biblica.

Il 1880 è un anno che Tolstoj dedica pienamente allo studio critico-filologico dei Vangeli. Nel 1881 Alessandro II viene assassinato e Tolstoj scrive al successore, Alessandro III, per esortarlo a essere clemente con gli attentatori del padre. Ma la richiesta non ha seguito: i colpevoli vengono impiccati e il nuovo zar instaura un regime repressivo con deportazioni e massacri, avvalendosi dell'okhrana, la polizia politica[24].

A partire dalla sua cosiddetta conversione, Tolstoj lavora instancabilmente, sino alla morte, a numerose opere saggistiche e autobiografiche – oltre che narrative e drammaturgiche – di carattere morale e religioso.

Trasferitosi con la famiglia a Mosca (dove rimarrà per diversi anni), nel gennaio del 1882 decide di partecipare al censimento della popolazione: è l'occasione per scoprire i mille volti della miseria di città, non meno drammatica di quella delle campagne. Queste esperienze tra i poveri saranno la base per il saggio Che fare? (o Che cosa dobbiamo fare?) del 1886[13].

Nella Confessione (1882) egli riferisce di aver attraversato, in concomitanza con la crisi spirituale, una profonda depressione, che stava per indurlo al suicidio, e di esserne uscito grazie all'idea di una religione vissuta con umiltà e semplicità insieme al popolo (da qui la critica alle filosofie elitarie e pessimiste del Qoelet e di Schopenhauer, che in un primo momento lo avevano attratto). Tolstoj descrive, in quest'opera che ha la forma di un diario, le fasi della propria conversione morale, avvenuta dapprima in linea con la Chiesa ortodossa e successivamente evolutasi in quello che oggi definiremmo un cristianesimo anarchico, cioè una fede dai forti tratti etici ma vissuta al di fuori delle Chiese ufficiali e anzi in contrasto con il clero e con i tradizionali dettami dogmatici.

Pavel Aleksandrovič Florenskij scriverà a Tolstoj una lettera appassionata, che probabilmente non gli verrà mai recapitata: ha appena letto la Confessione e – in preda anch'egli a una crisi spirituale – ne raccoglie la provocazione. Nell'opera teatrale La potenza delle tenebre (1886) Tolstoj descrive la forza con cui l'egoismo e il vizio possono avviluppare l'anima umana, alla quale resta però sempre possibile il riscatto morale.

In Della vita (o Sulla vita1887-1888) egli cerca di sintetizzare, capitolo dopo capitolo, le riflessioni che sta raccogliendo in questi anni sul senso della vita e della morte.

Lo stesso argomento in dettaglio: Pensiero di Lev Tolstoj § Etica della non-violenza.

Lo scrittore, col maturare della "conversione" e lo svilupparsi delle proprie riflessioni religiose, abbraccia con fervore ideali radicalmente pacifisti, nella convinzione che solo l'amore e il perdono, come insegnato dal Discorso della Montagna, possano unire le genti e dar loro la felicità; queste idee vengono da lui espresse, ad esempio, nella già citata Lettera allo zar (1881) e nella Lettera a Enghelgardt (1882-1883), e sviluppate ampiamente nei saggi La mia fede (1884) e Il regno di Dio è in voi (1893), culmine della conversione morale di Tolstoj e fra gli antesignani della filosofia non-violenta contemporanea.


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Copertina di Due ussari

Due ussari

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Anno: 1992
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Data inserimento: Martedì, 27 Maggio 2025